Completati 12 km in 1h
25’ e 11’’ arrivando 91° a circa
14’ di ritardo da un Ale che anche stavolta, in salita, conferma di essere forte,
piazzandosi al molto più interessante 47°
posto.
Una competizione, quella di domenica scorsa, molto intensa e
che probabilmente non ripeterò. Dopo qualche anno che corro cominciano a delinearsi delle preferenze piuttosto chiare che mi spingono a prediligere, ora come ora, gare su asfalto, miste o campestri dai 10 ai 14 km, ma non trail.
Due i principali
motivi, fra loro collegati.
Il primo è dipendente
dal tempo ed al tipo di terreno degli allenamenti: le tre/quattro sessioni che
dedico alla corsa sono spesso su strada asfaltata o sterrata, ma
prevalentemente pianeggiante o con salite piuttosto brevi, del tutto o quasi
inadatte a correre un trail come quello di domenica scorsa;
il secondo è che gare
sullo stile del Monte Soratte sono caratterizzate, per quei pochi che non lo
sapessero, da tratti in cui non di rado ci si ritrova in fila indiana a dover
salire su rocce o sassi spigolosi, tenendosi con le mani alle fronde per non
scivolare malamente, con l’elevato rischio di infortunarsi, minando mesi di
allenamento (e lo stesso dicasi in discesa).
Sono del parere che per correre
bene un trail bisogna allenarsi anche
su percorsi trail, per adattare mente e corpo a quello che più o meno ci aspetterà
in gara.
Di avvenimenti come quello di S. Oreste ne ho fatti solo un
paio, non rinnego assolutamente nulla e molto probabilmente, anche se tornassi
indietro, vi parteciperei di nuovo. Ma per il futuro, senza un’opportuna
preparazione, non mi sento di correrli.
Accetto tranquillamente l’idea di sporcarmi, di correre col
freddo o sotto la pioggia battente, e mi tengo lontano da quei fighetti che
alla minima difficoltà si lamentano, dimostrando che evidentemente il loro
amore per la corsa lascia abbastanza a desiderare. Sto anche apprezzando le
salite, che mesi fa disdegnavo e per pigrizia quasi evitavo, mentre ora, nei
limiti di quanto le zone verdi di Roma concedono, vado pure a cercare.
Ma per quanto riguarda specificamente il trail, questo si
deve organizzare come si deve e, aldilà degli aspetti avvincenti che sicuramente
offre merita però la massima attenzione: quando sei in gara non puoi
improvvisare o tanto meno ingannare nessuno; sei lì con te stesso e le tue
gambe; e quando in salita arranchi e pensi di non farcela capisci a fondo perché
bisogna prepararsi, mentalmente e fisicamente, con molta cura.
Hai ragione, sono corse affascinanti ma vanno preparate in maniera specifica oppure le corri per passeggiare.
RispondiEliminaSpecialmente in un momento di ripresa forse è meglio migliorare su strada mirando un po' alla velocità.
Ciao Giuseppe. In effetti è da troppo poco che sto riprendendo a correre, e domenica ho anche rischiato stupidamente di infortunarmi. Mi è andata bene. Il fatto è che, se ci si riflette, se i trail sono pensati perché in tal modo si gode la natura, diventa proprio difficile farlo, perché se si è concentrati a correre e a non farsi male come si può apprezzare quello che c'è intorno a noi? Il volo di una farfalla, o dei fiori che magari in città non sappiamo nemmeno esistere, tanto per fare un esempio. Il problema è che in un trail si passeggia e basta viene meno il giusto aspetto competitivo che le gare comportano. A quel punto non diventa molto più bello semplicemente passeggiare magari un intero pomeriggio fino a sera, con calma, per sentieri immersi nella natura, senza partecipare ad un trail?
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