giovedì 22 dicembre 2011

l'ultimo giorno di novembre

21 giorni fa, precisi precisi, ho posto fine ad una situazione lavorativa non più sostenibile. Dopo un anno e mezzo ho realizzato in profondità (mai capito meglio il concetto di profondità) che il lavoro che portavo avanti era privo di risultati soddisfacenti talora per cause da me non dipendenti. Ad una gran quantità di impegno, in termini soprattutto di tempo, non corrispondeva un'adeguata soddisfazione economica e personale. Non più almeno, e non nella dimensione lavorativa in cui mi sono venuto, giorno dopo giorno, a trovare. E quindi...ho fatto l'unica cosa mi era rimasta da fare: affrontare la situazione con estrema lealtà verso me stesso, senza starci a girar tanto sopra, ed andarmene.

 Nella mia vita mi sono trovato più di una volta dentro vicende dove non potevo far altro che andare incontro a quello che avevo davanti, una sorta di distacco accompagnato dalla piena consapevolezza che tutte le possibili alternative vagliate non avrebbero avuto pari efficacia. Purtroppo a volte i rapporti umani si stringono dove sarebbe più opportuno rimanessero distaccati, e questo, per quel che riguarda la mia esperienza, mi ha condizionato notevolmente, procrastinando la scelta per vari mesi. Avevo anche in passato cercato di filtrare, di comunicare, di rimanere in contatto cercando di far valere le mie ragioni, ma invano. Ed allora..."fottiti".

 C'ho messo tre settimane precise per scrivere sto post, tutto è avvenuto l'ultimo giorno di novembre, al termine di una lunga fase che mi spingeva alla decisione che poi ho preso, decisione matura da tempo. Tra l'altro, da un po' oramai andavo a correre senza più voglia, vivevo i rapporti con le persone a metà. Vivevo io a metà. Il riposo non era riposante. La notte fissavo il soffitto. La mattina mi alzavo stanchissimo. Stavo entrando in depressione. Posso dirlo ora con estrema serenità.

 Fortunatamente, come avviene nella vita, c'è una parte di noi che ci spinge a continuare a credere nel percorso che stiamo portando avanti, anche quando ci sembra confuso, poco delineato. Nulla di mistico, non ho la voglia o la presunzione di scomodare nessuno, o far discorsi pseudo religiosi. Solo una sana consapevolezza terrena. Fino all'ultimo giorno della nostra esistenza cerchiamo di portare avanti dei progetti di vita che talora possono anche essere estremamente semplificati, altre volte invece si elevano a bellissime realizzazioni con benefici anche altrui, forme, in ambo i casi, di amore. A questo ho dovuto ripensare per lasciar tutto e voltar pagina. Ho perso delle cose nella scelta presa, ma ormai non avevano più peso per me. Non mi avrebbero regalato felicità, amore, niente.


Dopo la decisione di andarmene ho staccato la spina per qualche giorno. Nulla. Riposo. Mi sono alzato quando ne sentivo il bisogno. Senza star lì a cercar di dover far qualcosa per forza. Mi rendevo conto che le mie ansie, le mie continue corse, non rendevano assolutamente il mondo migliore, non mi soddisfacevano, non mi facevano certo essere felice, tutt'altro. Non riuscivo per esempio più a correre con la serenità e la felicità in passato assaporate. Il continuo tarlo di un lavoro sempre più insoddisfacente sul piano umano ed economico.

 Ed una lucidissima riflessione mi gira per la capoccia, a molti banale, per carità, ma per me determinante dato che ci sono passato di persona e non pensavo potesse accadermi, non a 30 anni suonati: alcuni l'amicizia la confondono con la subordinazione. Manipolatori, possono chiamarsi. La loro intelligenza al servizio dell'inganno, sfruttando la buona fede altrui. Colleghi hanno avuto il mio trattamento (o lo stanno avendo, ma stanno aprendo gli occhi). Manipolatori, dicevo....voi chiamateli come volete, io padroni nella mia vita non ne voglio. Se dovrò averne al lavoro...almeno che mi diano un fisso. E che mi trattino come un dipendente. Decine di volte mi sono chiesto se io ce l'avrei mai avuto quella faccia da culo di comportarmi così verso altre persone al lavoro. No, c'ho pensato bene. No. Ma poco importa, ora.

Adesso ne sono fuori. Sto lavorando con un'altra società. Sono un libero professionista in tutto e per tutto. Corro i miei rischi, ma vivo la mia libertà. Ho un trattamento economico completamente diverso. Lavoro con persone che mi sembrano vere, hanno di certo i loro difetti, ma non mi sembra che debbano mettersi delle maschere addosso per vivere. Non mi faccio illusioni ma bisogna pur essere fiduciosi. Ed una cosa fondamentale: siamo, tutti, solo colleghi, certo alcuni hanno più esperienza, e meritano senz'altro attenzione ed ascolto, ma non esistono superiori. Sono io che gestisco il mio tempo usando il cervellino che mi ritrovo. Se non andrà come sperato potrò dire a me stesso di avercela davvero messa tutta e guardare avanti. Se "sfonderò" potrò congratularmi con me stesso e con le persone che in passato ed ora mi hanno voluto e mi vogliono bene.

 Per il resto...ora sono tornato a correre riassaporando quella felicità e spensieratezza perduta, sono tornato a praticare l'aikido, che mi mancava da morire, sto recuperando rapporti con delle persone che in un modo o nell'altro ho trascurato. Quando non si vive appieno purtroppo si lasciano per strada opportunità valide che invece andrebbero stimate in ben altro modo. Scusate se per voi è poco.

 Buona vita a tutti.

2 commenti:

  1. spesso è più semplice fare finta che tutto funzioni bene che soffrire per dare una svolta al presente.
    Mai come ora quindi i miei migliori auguri per un buon Natale e un fantastico 2012 all'insegna della...... .novità!
    Ciao.

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  2. grazie Emiliano di cuore, auguri anche a te davvero

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